pubblicato il 06/09/2012
Sul dipinto “La Maddalena penitente” che si trova preso la chiesa di S. Giuliana, in basso a destra si legge la firma dell’autore Cosmo Iannucci con un’aggiunta copiò e la data 1901. L’opera è, in effetti, una copia di una celebre tela di Tiziano del 1565, che è collocata presso il Museo Nazionale di Capodimonte a Napoli. Nello stesso anno Tiziano replica il soggetto, un olio su tela, con quasi le stesse dimensioni, che ora si trova presso il Museo dell’Ermitage di S. Pietroburgo, l’opera, in un primo momento, era destinata a Filippo II. In precedenza, nel 1533, l’artista veneto esegue un’altra Maddalena penitente, di formato più piccolo, un olio su tavola per Francesco Maria della Rovere, futuro Guidobaldo II, duca di Urbino dal 1490 al 1508. Anche questo dipinto (presso gli Uffizi di Firenze), deriva da un’altra Maddalena che Tiziano realizza, su incarico di Federico Gonzaga per Vittoria Colonna. Come si può notare il tema è molto caro al grande pittore veneto ed è apprezzato da ricchi e potenti mecenati, ma anche dalla committenza colta come la poetessa Vittoria Colonna, amica di Michelangelo.
Il tema deve essere caro anche al pittore Cosimo Iannucci, nato a Frasso Telesino il 15 maggio 1883 e morto a Napoli il 24 agosto 1929 a 46 anni, nel pieno della sua attività d’artista e di didatta, è difatti docente presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli.
La copia della Maddalena di Iannucci sorprende per un dato non trascurabile, l’artista realizza l’opera, tra i 17 e i 18 anni, con una tecnica evoluta dimostrando di possedere, già a quella età, capacità esecutive notevoli. Altro dato è che la copia non è eseguita al cospetto dell’originale di Tiziano ma da una stampa e l’immagine riprodotta non può avere un alto indice di definizione, tenuto conto del procedimento tipografica dell’epoca. Questa ultima riflessione deriva dal fatto che, nell’originale, la Maddalena è rappresentata non completamente nuda ma discinta e a ridosso di un anfratto dove si rifugia per la penitenza e , in uno scorcio sulla destra, s’intravede un brano di paesaggio tizianesco con monti, caseggiati e un paio d’alberi che si stagliano sul cielo con nuvole; sulla sinistra, all’interno della grotta, degli accenni di vegetazione si sovrappongono e interrompono il buio misterioso dell’ambiente. Queste finezze che si vedono solo al cospetto dell’opera di Capodimonte, Cosimo Iannucci non può notarle in una stampa e, senza dubbio, la riproduzione risulta impastata, cioè con una scarsissima definizione dei dettagli nello sfondo. Iannucci, infatti, senza conoscere i particolari, riproduce la grotta come se fosse priva di vegetazione con una sua rielaborazione: un paio di pennellate bianche, al centro della parte alta del dipinto, interrompono la monotonia del buio che avrebbe dato un tono di drammaticità ad un’opera che è in perfetto equilibrio tra il sacro e il profano.
La copia è, in ogni modo, un dipinto interessante e non una fredda riproduzione scolastica. L’artista frassese dipinge la copia su una tela, tra le prime in commercio che acquista in un negozio di Via Costantinopoli, lo si deduce dalla stampigliatura di un timbro impresso su un asse del telaio. In Via Costantinopoli si trova l’Accademia di Belle Arti, luogo che diventa familiare al pittore frassese sia come allievo e sia come docente. La copia della Maddalena è, con ogni probabilità, una esercitazione del primo anno di accademia dell’allievo Iannucci ed è pure possibile che, terminata l’esecuzione, ne faccia omaggio allo zio arciprete Iannucci Antonio che la colloca su una parete della distrutta chiesa della Collegiata. Nella stessa chiesa si trovava un altro dipinto del quale, la signora Agata Iannucci, che ha fornito le notizie, non si ricorda il soggetto.
Cosimo Iannucci è un artista di rispetto delle cui opere si conosce pochissimo, se non la copia della Maddalena di S. Giuliana e due pregevoli marine, di piccolo formato, che sono di proprietà della nipote del pittore, la maestra Agata.
Ezio Flammia