pubblicato il 22/01/2011
Giulia Gambacorta nasce a Napoli nel 1598 da Cesare e da Camilla Caracciolo, ma trascorre gran parte della sua vita a Frasso, feudo della sua Famiglia, dove vive una vita povera e dedita alle opere di carità.
Così la descrive il Litta: “Giulia visse nubile per elezione, tutta consacrandosi alla pietà ed alla carità. Nel 1655 fondò il conservatorio di Santa Maria del Soccorso in Frasso, dove furono poste in seguito le Salesiane. Morì nel 1663, il 30 settembre in Frasso”[1].
Sappiamo, inoltre, che ella sceglie di seguire la regola di vita del Terzo Ordine Francescano e di vivere in una modesta casa dietro la Chiesa Collegiata del Corpo di Cristo e propriamente nel casale detto “li Calvani” separata dalla sorella D(onna) Maria Gambacorta, principessa di Frasso, sposa di Scipione Gambacorta, e, quantunque in detto Casale avesse una bella abitazione con comode stanze superiore, pure, perché impressionata vivamente dalla gran massima del Vangelo ‘chi si umilia sarà esaltata’ volle perciò abitare in una casa sottana (N.d.R. a piano terra) di detta sua abitazione, priva di luce, umida…dove permise l’Altissimo che vi perdesse anche la vista, ma ella a perdita sì grande per niente smarrita, cantava lietamente le lodi del Signore”[2].
La preghiera, la povertà evangelica e la penitenza[3], intensamente vissute, costituiscono il terreno fecondo nel quale nasce la grande opera alla quale avrebbe dedicato tutta la vita e i suoi beni.
Giulia infatti possedeva un consistente patrimonio che le derivava non tanto da suo padre (non bisogna dimenticare che Giulia, benché primogenita di Cesare Gambacorta era donna e quindi, secondo le consuietudini e le leggi del tempo, esclusa dall’asse ereditario di famiglia), ma da uno zio paterno Orazio. Questi, dandosi alla carriera militare, aveva accumulato un cospicuo patriminio ed al servizio degli Spagnoli, era stato tra i 22 capitani napoletani che dovevano intervenire alla spedizione delle Isole Terziarie[4].
A dare una svolta nella sua vita interviene l’evento del trasferimento a Frasso della statua della Madonna di Campanile. L’avvenimento, come abbiamo visto, aveva suscitato un grande entusiasmo popolare ed una grande devozione. Infatti, riferiscono le Cronache (?) che “a questa immagine [collocata nella Chiesa Arcipretale] concorreva con gran fede il popolo di Frasso per soccorso de’ suoi bisogni specialmente per aver la pioggia e buon tempo…. e perciò la incominciarono a chiamare S. Maria del Soccorso”.
Giulia aveva condiviso la devozione dei Frassesi che si recavano in pellegrinaggio alla contrada di Campanile, per visitare quell’immagine cara, ma abbandonata in mano a persone poco devote e senza scrupoli, e la gioia di vederla arrivare trionfalmente a Frasso, nella Chiesa Madre. Sostando lungamente in preghiera davanti alla Vergine, ella era, inoltre, testimone non solo della fede intensa dei suoi concittadini, ma anche delle loro necessità. Quell’immagine severa e dolce, rovinata dal tempo e dall’incuria, mentre alimentava in Lei l’amore per la Madre di Dio, la riempiva di tenerezza anche per quelle tante immagini di Dio, i suoi concittadini, oppressi da una vita grama e piena di stenti, che vedeva quotidianamente ricorrere a Lei, pieni di fiducia e di speranza. Alla scuola di Maria ella si sentì mossa a realizzare un’opera che fosse la concretizzazione del grande comandamento evangelico dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo, dando uno scopo più universale ai propositi pii gia maturati qualche anno prima[5]. Fu così che “a questa Vergine l’anno 1653 il 30 luglio designò edificare una Chiesa e un Monastero di Monache acciò continuamente cantassero le lodi di Dio e della Beata Vergine…e con pubblico istrumento[6] donò a detta Chiesa tutti i suoi beni stabili.”[7] Tale Istituzione avrebbe dovuto ospitare anche quindici fanciulle povere con la loro maestra.
A tale scopo, il 20 gennaio 1657, comprò la casa e il giardino di Caterina Pistone, vedova di Ludovico Rainone, in località Portella per la somma di ducati 150 e, il 31 gennaio dello stesso anno, sempre in località Portella, acquistò per 40 ducati la casa di Isabella Rainone, lasciandola però usufruttuaria della stanza superiore, vita natural durante.[8]
Ottenuto l’assenso del Vescovo Diocesano, Mons. Campanella[9], in data 3 aprile 1658[10], inizia i lavori della costruzione della Chiesa. Dalla relazione sulla Visita Pastorale del 18 maggio 1661[11], risulta che in quell’anno è già terminata la fabbrica dell’edificio sacro, dotato anche di altare. In tale circostanza il Visitatore prende atto, altresì, della volontà della Principessa che dopo la sua morte la Chiesa entri nel Juspatronato dell’Università di Frasso.
Occorre far presente che la chiesa di cui si parla, costruita mentre Giulia Gambacorta è ancora in vita, non è quella attuale. Anche se edificata nella stesso luogo, era più piccola: andava infatti dalla strada al primo gradone in pietra che si trova all’altezza della sagrestia. Di essa si conserva solo un arco di tufo, visibile nella stanzetta di destra che dà nell’atrio dell’odierno edificio.
Agli Economi, un prete e un laico, preposti all’esecuzione delle sue volontà e all’amministrazione dell’Opera, la Principessa chiede che provvedano a far celebrare ogni giorno una S. Messa per lei, e la S. Messa cantata con i primi e secondi vespri, l’8 settembre Festa della Natività della Beata Vergine, fissando un compenso di carlini quaranta da distribuire, tramite l’Arciprete, a tutti i Chierici e i Sacerdoti partecipanti alla processione.[12]
Giulia Gambacorta muore il 30 settembre 1663, dopo aver vista ultimata la costruzione della Chiesa, ma non la sua grande opera di carità: il Conservatorio per le fanciulle civili povere.
Pochi mesi prima della morte di Giulia, viene a mancare, senza figli, suo nipote il principe Pompeo, ultimo discendente maschio dei Gambacorta di Frasso, lasciandola erede dell’intero patrimonio del casato.
Con un codicillo al testamento, Giulia destinerà anche questi beni alla sua Opera.
Una lapide con la scritta in latino, posta un tempo sulla sua tomba ed ora esposta nella Chiesa, ricorda il suo amore per Frasso e la riconoscenza dei Frassesi.
“A DIO OTTIMO E MASSIMO
EDIFICO’ QUESTO TEMPIO LEGGIADRO
L’ILLUSTRE GIULIA EREDE [DELLA FAMIGLIA] GAMBACORTA
E LO COSTITUI’ SUO [EREDE]-
BENCHE’ “GAMBA CORTA” FU DI MANO LARGA-
LO FONDO’ DURANTE LA SUA VITA PER DOTARLO DOPO LA MORTE
IN SEGUITO LO DONO’ PER SEMPRE A FRASSO CHE TANTO AMO’.
QUESTA TERRA LEGATA A LEI DA UN DONO COSI’ GRANDE
SI DIEDE CURA DI FARLE CANTARE OGNI ANNO UNA MESSA FUNEBRE
E DI PORRE QUESTA LAPIDE IN MARMO
PER POTERNE CONSERVARE LA MEMORIA.
MORI’ IL GIORNO 30 SETTEMBRE 1663“
Il periodo che segue la morte della Principessa è segnato da grandi controversie tra Autorità Ecclesiastica e Autorità civile sull’attuazione del testamento di Giulia Gambacorta e sull’amministrazione delle rendite del patrimonio, donato alla Chiesa.
All’origine di tali controversie, che bloccano l’esecuzione delle volontà della principessa per quasi 70 anni, ci sono soprattutto gli appetiti suscitati dal ricco patrimonio della principessa e alcuni passaggi oscuri del testamento. Ma riferire su questa vicenda ci porterebbe oltre le finalità di questo volume. Qui ci basta scorrere le pagine dei Volumi delle Sacre Visite, custoditi nell’Archivio Vescovile di S. Agata dei Goti, per riferire le notizie inerenti all’oggetto della nostra ricerca: la Chiesa di Campanile.
Il nuovo Vescovo di S. Agata, Mons. Circi[13], nella sua prima Santa Visita a Frasso, il 9 novembre 1666[14], riferisce che tale Chiesa è di Juspatronato Comunale, mentre nella Relazione della Visita “ad Limina” del 12 maggio 1668[15], informa che i 200 ducati di rendita del lascito Gambacorta, oltre che per la dote alle fanciulle povere e la celebrazione di S. Messe, sono state impiegate per ampliare l’edificio sacro. Segno evidente che esso appare già inadeguato.
Nella S. Visita dell’ l’11 dicembre 1678[16], troviamo la prima descrizione della Chiesa. Mons. Cirici riferisce che in essa ci sono quattro altari, il primo dedicato alla Madonna di Campanile (“..sub invocatione S. Mariae a Campanile..”[17]), il secondo alla Santa Croce, il terzo alla Vergine del Rosario e il quarto a S. Gaetano[18]. Tuttavia, essendo tutti senza tovaglie, sono sottoposti all’interdetto ecclesiastico, cioè è pribito celebrarvi l’Eucaristia.
Nel 1684, chiamato a dirimere una controversia tra gli Economi della Chiesa e un certo Giovan Battista Ruardo, residente in località “Florii”[19] che rivendica il diritto, concesso dalla Principessa, di avere la tomba di famiglia al centro della Chiesa, il Vescovo si pronuncia in favore del Ruardo, tenendo anche conto che questi è un benefattore della Chiesa ed ha ceduto un muro per la costruzione della sacristia.[20]
In questi anni, l’incremento delle rendite del lascito Gambacorta spinge il Vescovo a riprendere il progetto della costruzione del Conservatorio, temporaneamente accantonato, convogliando in quella direzione parte delle somme impegnate per la celebrazione delle Messe e per i maritaggi.
Ma tale decisione evidentemente ledeva grossi interessi economici. Si aprì così presso i tribunali eccleciastici e civili, tra il Vescovo e gli Economi del tempo, un lungo contenzioso che era ancora in atto quando Mons. Circi, per motivi di età, si ritirò nel suo paese natio.
Queste vicende non solo bloccano la costruzione del monastero, ma provocano anche notevoli danni alla Chiesa, rimasta per quasi sette anni senza la serratura della porta e in stato di semi-abbandono: l’altare maggiore è spoglio e appena coperto da una tovaglia, mentre il luogo sacro appare “più adatto a riporvi il vino che a celebrarvi” [21]
Frattanto, la Santa Sede invia a S. Agata dei Goti un Visitatore Apostolico nella persona di Mons. Schinosi, Vescovo di Caserta. Questi tra vari problemi che affliggono la Diocesi, affronta anche quello di Gambacorta: informatosi tramite il Vicario Generale, Mons. Gagliardi [22], dello stato delle cose, nel 1699 decreta la ripresa della costruzione del Monastero[23], ma senza successo.
Tuttavia, in questi anni, certamente negativi per la realizzazione dell’opera voluta da Giulia Gambacorta e per la Chiesa di Campanile, inizia a farsi strada l’idea che la costruzione di un Monastero avrebbe richiesto una Chiesa più grande e più adeguata alle nuove esigenze.
[1] Litta, VIII, p. 270
[2]ASAG, MN Vol. XXVIII, f. 373
[3]ASAG, MN vol. XXVIII, f. 299
[4] cfr Litta, VIII, 270
[5] Nel 1636 Giulia aveva deciso di destinare il suo patrimonio alle donne della famiglia Gambacorta che avrebbero scelto la vita religiosa.
[6]Leggendo il testo della donazione (cfr ASAG, MN,XXVIII 136-137) quello che colpisce sono le parole “ La suddetta Signora Giula afferma che da molto tempo (ab olim) aveva ordinato e disposto nel suo animo una grandissima donazione, … verso la Chiesa da lei stessa costruita daccapo….nel casale chiamato Castagnola.. sotto il titolo di S. Maria del Soccorso….” quindi nel 1655 al momento della donazione detta Chiesa era costruita e come tale può ricevere una donazione.Comunque questa intenzione venne a Giulia Gambacorta comunque dopo il 1636, perché in tale data stipula una convenzione con il cognato Scipione Gambacorta, marito della sorella Maria, con la quale decide che i suoi beni (la Masseria di Dugenta, la casa a li Calvani e la rendita dei mille ducati restino comunque nella famiglia senza poterli né vendere né alinare….”et ordina e comanda, che l’entrate patrimoniali ogni anni da detti nbeni, dedutti prima li detti ducati mille che essa Signora Giulia se riserva di disponere…e di poi dbbano servire per lo futuro Monacaggio o Maritaggio delle figlie femine nascituri di detti prenominati (Scipione o i di lui figli Pompeo o Cesare) di Gambacorta ex legitimo matrimonio, e la prima figlia femina che si monicarà o si maritarà debbia godere di tutte le entrate e frutti che a quel tempo se retroveranno maturate et percepute da detti beni stabili ut supra descritti con conditione che la figlia che si haverà da monicare, non habbia da eccedere la età di anni quindici o sedici al più, e quella che si haverà da maritare, non ecceda l’età di anni dicidotto in venti, e passanda di dette età, in detto caso restano escluse dal beneficio….(che restano a disposizione del-) le altre che verranno appresso… e ciò seguendo la linea mascolina perpetuamente per sempre. Et mancando la linea mascolina di detti di Gambacorta, in detto Beneficio goda e debbia godere lo più prossimo in grado con lo suddetto vincolo e conditione come sopra..” (ASAG, MN, 14, 263 v. /..a t.)
[7]idem ff. 299 a t. – 300
[8]ASAG, MN vol 5, f. 112 (cfr anche MA, vol 13 f. 13)
[9]Mons. Domenico Campanella, da Putignano, dell’Ordine dei Carmelitani , 44° Vescovo Diocesano, dal 1653 al 1663
[10] ASAG, Bollario, vol.10, f. 145
[11]ASAG, S. Vis. Vol. X, f. 330 a t.
“Postremo dictus Illustrissimus Dominus Visitator se contulit ad Ecclesiam Sanctae Mariae dello Soccurso noviter erectam ab Illustrisima Domina D. Julia Gambacorta sumptibus suis propriis et dotatam pariter ex suis bonis stabilibus prout continetur in cartula presentata per dictam Dominam Juliam in fiundatione et dotatione. Adest assensum Ordinarii sub data 3 aprilis 1658 et assensum praedictum fuit recognitum a dicto Illustrissimo Visitatore, et secuta mortis fundatricis sit reducta praedicta in Juspatronatu Universitatis Terrae Frassis.
Altare stat decenter ornatum et munitum omnibus necessariis.
331 v. Adest onus in fundatione unius Missae in quolibet die totius anni qod onus adimpletur per Cappellanos S(antis)s(i)mi Corporis X(ri)sti”
[12]idem
[13]Mons Giacomo Circi da Monte Regale 46 Vescovo Diocesano, dal 1664 al 1695
[14]ASAG. S. Vis. Vol XI, 132 a t.
[15]ASAG, Libro della Mensa Vescovile, f. 84
[16]ASAG, S. Vis. XII, f. 133
[17]idem
[18].”..la Cappella a mano dritta, che vi sta la figura del beato Gaetano(la Signora Giulia) dichiara di averla donata a Giovan Battista Ruardo..” ASAG, MN,XXVIII 150
[19]Erroneamente oggi detta “Via Floridi”
[20]Nei lavori di ristrutturazione in seguito al sisma del 1980 tale tomba è franata sotto il peso di mezzo meccanico e in essa sono state trovate le ossa di cinque persone: tre uomini una donna e una bambina. Dai registri dei defunti di S. Giuliana risultano essere stati sepolti in detta Chiesa Catarina Ruardo figlia di Biaso di anni 5, morta il 6 marzo 1664; Biaso Ruardo di anni 33, morto il 27 nov. 1673; Gio. Battista Ruardo morto il 22 sett. 1689; Carlo Ruardo morto il 5 marzo 1692. Delle donne seppellite in detta Chiesa dal 1663 al 1694 non si è trovato nessun legame di parentela con la famiglia Ruardo per cui resta sconosciuta.
[21]ASAG, MN Vol. 4,795-796
[22] Ughelli, pg 92
[23]Decreto del Vescovo di Caserta Visitatore il 24 marzo 1699, con cui si ordina che il denaro dell’affitto della Masseria si debba erogare nella costruzione del Monastero erigendi ad formam voluntati testatricis, et Decreti in S. Visitatione dati. Cfr ASAG, MN XXVIII, f. 196. Nel vol. 13 delle S.S. Visite Mons Schinosi parla solo della Città di Sant’Agata per la quale lascia molti Decreti. Delle altre Comunità della Diocesi tace.