Pubblicato il 21/10/2009
Percorrendo la valle del Medio Volturno, si può ammirare il suggestivo borgo medioevale di Limatola, sorto intorno al Castello, che fu eretto qualche secolo prima del Mille, su di una fortezza sannitica. Esso fu costruito su di un’altura di circa cento metri l/m, adattandosi alla planimetria irregolare del terreno, per una più efficace difesa del luogo già strategicamente forte per condizioni naturali. “Sono questi i castelli che hanno la più antica data di fondazione, essendo dovuti ai Longobardi che ancor prima del Mille crearono numerosi insediamenti fortificati per sedi delle loro contee e gastaldati” (Lucio Santoro, Le fortificazioni in Campania).
Il borgo medioevale, con sviluppo più esteso al lato sud-est, per una maggiore fruizione della luce solare, circonda tutto intorno il castello, che costituisce l’elemento peculiare dell’intera struttura urbanistica, divenendo parte integrante del paesaggio. Come afferma l’architetto Lucio Santoro, molte opere fortificate, da considerare nel contesto urbano, sono parte integrante del paesaggio in paesi quali Pietravairano, Riardo, Francolise e Caianello in provincia di Caserta; Limatola e Ceppaloni nel beneventano; Laviano, Felitto, Caggiano e Sicignano nella zona sud di Salerno. (L.Santoro, Le opere fortificate nel paesaggio e nel contesto urbano con particolare riferimento a Napoli e alla Campania).
Il castello quindi fu costruito a difesa e controllo del “passo o gola di Finestra” e della Valle del Medio Volturno, con specifica funzione di avvistamento e segnalazione con altri castelli e fortezze, mediante ideali “ponti aerei”: in pratica con fumate di giorno e fuochi di notte, secondo veri e propri codici per la teletrasmissione delle notizie, in particolare degli allarmi (Carlo Peragalli). Difatti dal castello di Limatola si poteva comunicare con la rocca di Castelmorrone, con il castello di Caiazzo e da questi con altri castelli e fortezze fin nel basso Lazio. Il castello quindi, come tutte le altre fortezze, non rappresenta soltanto un documento architettonico del passato e come tale legato alla storia dell’architettura sia come fatto costruttivo che come espressione estetica, “esso è stato il cardine di funzioni multiformi per un lungo arco di secoli, dal Medioevo tempestoso ai più miti tempi moderni” (E. Pontieri, Le opere di fortificazione nel paesaggio e nel contesto urbano).
Nella parte più estesa del borgo medioevale si rinvengono due stradine di cui una che passa sotto la cinta muraria del castello, l’altra un po’ più a sud: esse erano dette trasendae, ovvero strade che permettevano l’ingresso e l’uscita di carri. Le due trasendae sono tagliate da varie stradine più piccole, le cosiddette strictolae,gradonate, che potevano essere attraversate solo a piedi, sulle quali si aprivano le porticine delle abitazioni, le cosiddette fabritae a due piani, piano terra, detto sottano e primo piano detto soprano, per lo più in tufo grigio o giallino, proveniente da cave locali, mentre gli archi e il portale del castello erano in Piperno, pietra tufacea scura e molto dura, proveniente dal Lazio. Più ad est, lungo via Schiavi si rinviene ancora una posterla o postierla, piccola porta ad arco leggermente ogivale, aperta nelle antiche mura del borgo, in posizione facilmente difendibile. Verso nord-ovest, sotto le mura del castello, si rinviene una località detta U’ Valle piccolo, che significa piccolo passaggio o guado, dal latino vadum. Esso starebbe ad indicare un luogo dove, nei momenti di assalto nemico, si esercitava la difesa. Più in alto, a sud-ovest, si rinviene un toponimo n’coppe u’ maio, risalente al latino maiuis, più grande, più alto. Difatti proprio qui, nella parte più alta si apre l’ingresso principale del castello, facilmente difendibile dalle possenti mura. Uno degli elementi caratteristici del Borgo è rappresentato dalla presenza di quattro o cinque archi catalani posti lungo le strictolae o venelle. Gli archi catalani, risalenti nella maggioranza dei casi al XV secolo, si sono conservati grazie anche alla loro funzione statica. Dei tanti esemplari sparsi in ambiente campano, e in particolare a Capua, Napoli e Nola, se ne possono schematizzare almeno quattro tipi o modelli più frequenti: -tipo A, con portale a giogo, ad arco ogivale o sesto acuto; tipo B, con portale a giogo ad arco molto ribassato; tipo C, con portale a giogo, ad arco ribassato; tipo D con portale a giogo semplice, ad arco a tutto sesto. A quest’ultimo tipo appartengono gli archi catalani del Borgo, che risalgono alla seconda metà del XV secolo. Essi costituiscono esempi correnti dell’edilizia quattrocentesca a destinazione residenziale e commerciale, di cui alcuni esemplari si rinvengono a Capua nel Palazzetto Festa, già Albergo Quattro Stagioni, Riviera Casilino, 5.
Uno di questi archi catalani di Limatola porta scolpita nella chiave di volta una verga con serpente attorcigliato, emblema di Asclepio (Esculapio), dio della medicina, ritenuto dagli antichi sotér (salvatore), Paiàn (guaritore), sotér tòn òlon (salvatore del popolo).
L’emblema di Esculapio, sta ad indicare la presenza di un’antica farmacia nel Borgo, chiamata “Bottega di speziale”. Difatti il farmacista fino al XIX secolo era chiamato speziale, perché preparava i medicinali con le spezie, di cui all’inizio del XIV secolo si commerciavano non meno di 288 specie. Accanto allo speziale c’era l’aromatario il quale era un professionista nella vendita degli aromi. Sebbene le due attività, quello dello speziale e quello dell’aromatario, fossero distinte, in pratica a gestirle poteva essere la stessa persona, che per esercitare tale attività doveva essere fornito di Patente rilasciata dal Protomedico Generale del Regno di Napoli. La farmacia, in genere, era dotata di un piccolo locale per il deposito dei medicinali, uno per la spezieria e un altro “per uso di lavoratorio”. Indispensabile per un’antica farmacia era un bancone per lo più di noce, scaffali intarsiati sui quali erano posti grandi e piccoli vasi, dove venivano conservate le spezie. Una farmacia simile era ubicata nel palazzo annesso alla Chiesa A.G.P. del Casale, ex ospedale dell’Annunziata.
Ritornando al castello, c’è da aggiungere che esso non solo era residenza del Duca, della sua famiglia e della scorta armata, ma svolgeva funzioni propriamente sociali e vitali per la comunità del Borgo, la quale, nei momenti di assalto nemico, trovava accoglienza nella sue poderose mura, come avvenne nella seconda spedizione dei Saraceni, anno 882, i quali con le loro veloci imbarcazioni risalirono il Volturno facendo stragi e razzie nei paesi circostanti. Raggiunsero poi l’abbazia di S. Vincenzo al Volturno uccidendo oltre 900 monaci, come viene riferito nel Chronicon Vulturnense. Lo storico Bartolomeo Varrone, a conferma di quanto detto sopra, riferisce che intorno alle mura del castello dotate, tra l’altro, di quattro fortini a forma circolare, ubicati nei quattro punti cardinali, oggi non più esistenti, si contavano nel 1775, oltre 400 fosse scavate nella roccia, dove veniva depositato grano e altre derrate: “Così dentro che fuori le mura si contano più di 400 fossi per riporre il grano ed altri generi di prodotti: fossi antichissimi e scavati dentro la montagna con sommo lavorio” (B. Varrone, Memorie Istoriche di Limatola).
L’antichità del Borgo è attestato anche dai resti non più visibili di un’antica Chiesa dedicata a S. Biagio Martire, riportata nella Bolla di Sennete, arcivescovo di Capua, del 1113, a fianco della quale fu fatta costruire dai Duchi Gambacorta una nuova chiesa dedicata a S. Sossio e a S. Biagio Martire, oggi esistente. “Situata con la porta a settentrione, ha 64 palmi di lunghezza oltre il Presbiterio e 32 di latitudine. Fu da quell’illustre duca terminata l’anno 1724 come dalla memoria sotto la volta, ove si legge: Carolus manu fecit, a. 1724” (Varrone, op cit.).
Allo stato attuale, al forte degrado del Borgo, si aggiunge l’asfalto che, coprendo la trasenda più a sud ha fatto perdere a questa strada l’antico fascino. Lo stesso è avvenuto per la strada di accesso al castello, la cui sontuosa gradonata fu coperta negli anni ’70 da uno strato spesso di asfalto che sotterrò forse per sempre una gloriosa testimonianza della storia di Limatola.
Ripristinare l’assetto urbanistico del Borgo con la rivalutazione degli antichi manufatti, restituendoli alla loro originaria bellezza e sobrietà di colori, insieme alla fontana intitolata a Margherita de Tucziaco, principessa angioina che fu una delle prime castellane di Limatola a restaurare il castello nel 1277 con i fondi elargiti dal cugino Carlo I d’Angiò, rimuovere per quanto possibile gli interventi antiestetici e antistorici effettuati nel corso degli anni, significa restituire al Borgo medioevale di Limatola la sua antica funzione di “Porta del Sannio” e ingresso alle “Terre dei Gambacorta” sulle quali si è acceso l’interesse negli ultimi anni, da parte delle comunità che ne fanno parte: Limatola, Frasso, Dugenta, Melizzano.
Così il borgo medioevale di Limatola, restituito al suo antico fascino, potrà far rivivere il passato e riscoprire la storia.
Giuseppe Aragosa
Moifà 55, gennaio 2009, p 18